Introduzione alla sezione

Nei capitoli precedenti, l’attenzione si è concentrata principalmente sui modelli di tipo fenomenologico, i quali permettono di descrivere le relazioni osservate tra variabili senza fornire una spiegazione approfondita dei processi generatori. Con questa sezione compiamo un importante avanzamento epistemologico, introducendo i modelli formali e dinamici in psicologia. Questi strumenti non si limitano a sintetizzare i dati, ma aspirano a rappresentare esplicitamente i meccanismi cognitivi e comportamentali che li producono.

Spesso, in ambito psicologico, l’obiettivo della ricerca è valutare l’efficacia di un trattamento e, in questo senso, il disegno sperimentale del trial controllato randomizzato (randomized control trial) è considerato il gold standard. Tuttavia, come sottolineato da Andrew Gelman, un effetto causale privo di un modello meccanicistico risulta di limitata utilità. Ciò avviene per diverse ragioni: in primo luogo, gli effetti tendono a essere modesti e difficilmente identificabili con precisione in assenza di un modello; in secondo luogo, la ricerca è generalmente interessata a generalizzare i risultati, ovvero a comprendere la distribuzione degli effetti a livello di popolazione e non solo nel campione osservato; in terzo luogo, è cruciale indagare le fonti di variazione individuale; infine, anche qualora fosse possibile individuare un effetto causale mediante un esperimento di tipo “black-box”, la comprensione del meccanismo rimane indispensabile per progressi teorici futuri (Gelman et al., 2021).

In questo capitolo, al fine di illustrare esempi concreti di modelli meccanicistici in psicologia, verranno esaminati i modelli dinamici autoregressivi. Questi modelli permettono di rappresentare formalmente la dipendenza di uno stato psicologico dal suo passato, una prospettiva particolarmente rilevante per l’analisi di dati longitudinali e di compiti sperimentali ripetuti. L’intuizione secondo cui “il presente dipende dal passato” richiede, infatti, una rigorosa formalizzazione per poter essere adeguatamente compresa e verificata.

Questi modelli verranno poi estesi a formulazioni più articolate che includono concetti quali stati latenti, rumore di processo e dinamiche di feedback. Queste estensioni permettono di simulare traiettorie psicologiche più realistiche e di interpretare i dati come manifestazioni osservabili di un sistema complesso e in continua evoluzione.

Un’attenzione particolare sarà dedicata a un modello storico e tuttora fondamentale: il modello di Rescorla-Wagner. Esso formalizza i processi di apprendimento associativo attraverso il principio dell’errore predittivo, secondo il quale la forza di un’associazione viene aggiornata in base alla discrepanza tra quanto atteso e quanto osservato. Nonostante la sua relativa semplicità, il modello di Rescorla-Wagner ha esercitato un impatto profondo sulla disciplina, dimostrando come poche regole matematiche possano spiegare fenomeni comportamentali complessi.

Infine, il capitolo dedicato al metodo di studio mostrerà come tradurre una teoria psicologica in un flusso di lavoro modellistico completo che spazia dalla formalizzazione delle ipotesi alla simulazione dei dati fino al confronto tra modelli alternativi. Questo percorso concreto mostra come i modelli computazionali non siano solo strumenti statistici, ma anche veicoli teorici in grado di guidare nuove domande di ricerca e chiarire le condizioni in cui un’ipotesi riceve supporto empirico.

Il filo conduttore della sezione risiede nel passaggio dalla descrizione dei dati alla simulazione dei processi: ciascun modello diventa così una teoria in miniatura, implementata matematicamente, in grado di generare previsioni falsificabili e di confrontarsi sistematicamente con l’evidenza empirica.

Bibliografia

Gelman, A., Hill, J., & Vehtari, A. (2021). Regression and other stories. Cambridge University Press.