15 Il significato della secolarizzazione
Nel capitolo precedente abbiamo confrontato la pratica tradizionale buddista con l’approccio secolarizzato alla coltivazione della compassione, analizzando le basi filosofiche e psicologiche di entrambi. Sono emerse similitudini riguardo al potenziale naturale della compassione negli esseri umani, ma anche differenze nella concezione delle forme avanzate di compassione. Mentre il buddismo sviluppa complessi schemi per distinguere livelli ordinari e avanzati di compassione, l’approccio secolarizzato si concentra principalmente sugli stadi iniziali.
Abbiamo esaminato le due culture della compassione nelle loro metodologie pedagogiche. La cultura buddista Mahāyāna è caratterizzata dalla sua cosmologia, filosofia morale e didattica del percorso del bodhisattva. D’altra parte, la cultura secolare si basa su una visione scientifica e ricerca per lo sviluppo individuale e etico.
Il confronto si è concentrato sulla tecnica del tonglen, una pratica contemplativa che il buddismo ha trasformato per renderla accessibile anche ai principianti. Questa trasformazione ha aperto la strada alle pratiche secolarizzate occidentali.
Sebbene la pedagogia della Compassion Cultivation Training (CCT) sia permeata di idee buddiste, è chiara la sua distinzione dalla didattica buddista, poiché mira a uno sviluppo personale senza sfidare l’ambiente circostante e ha obiettivi meno ambiziosi. Nel buddismo, la coltivazione della compassione è parte integrante del sentiero del bodhisattva verso l’illuminazione.
Resta da esplorare il significato della secolarizzazione delle pratiche buddiste tradizionali per il pubblico del ventunesimo secolo in Europa e Nord America, e le implicazioni di questo processo.
15.1 La conseguenza della secolarizzazione dell’addestramento alla compassione buddista
Negli ultimi anni, le discussioni sul significato della secolarizzazione si sono moltiplicate. Il libro “A Secular Age” di Charles Taylor descrive tre tipi di secolarizzazione: la rimozione della religione dalla sfera della vita pubblica, il declino della fede e delle pratiche religiose, e la considerazione della fede in Dio come una libera scelta personale, una possibilità tra le molte.
In particolare, la terza variante illustra la situazione in cui si è sviluppato l’addestramento alla compassione secolare. Nel Compassion Cultivation Training (CCT), la fede religiosa è opzionale; il programma è progettato per essere compatibile con tutte le affiliazioni religiose, ma anche con l’ateismo e l’agnosticismo.
“Secolare” nel contesto dell’addestramento alla compassione non si riferisce all’esclusione o al rifiuto della religione, ma a un atteggiamento inclusivo nei suoi confronti. Questa posizione inclusiva è proprio il modello di laicità che il Dalai Lama considera come fondamento della sua etica secolare.
La fede religiosa non è esclusa nel CCT, ma relegata alla sfera privata dell’individuo, poiché la compassione è associata a una visione naturalistica del mondo basata sulla razionalità e sull’empirismo scientifico, piuttosto che su obblighi religiosi o morali.
La motivazione per secolarizzare l’addestramento alla compassione non nasce da un disincanto verso la religione, ma piuttosto dal desiderio di renderlo accessibile al pubblico più ampio possibile.
L’analisi comparativa tra il CCT e gli antecedenti buddisti ha mostrato che, pur utilizzando un linguaggio secolare,
Il CCT esprime effettivamente una visione del mondo fortemente influenzata dal pensiero buddista, l’IM comunica in gran parte metodi didattici buddisti senza utilizzare terminologia buddista (eccetto per il termine tonglen). La secolarizzazione della coltivazione della compassione buddista nel caso del CCT si riferisce quindi al risultato di due processi.
Il primo è la rimozione della terminologia e dei concetti buddisti in modo che l’addestramento alla compassione non entri in conflitto con le idee scientifiche attualmente accettate, mantenendo intatti il più possibile i metodi didattici sviluppati nelle tradizioni buddiste. Il secondo processo è quello di ibridazione: gli elementi dell’addestramento derivati da fonti diverse dal buddismo, come gli esercizi psicoterapeutici e di coppia o l’addestramento alla compassione per sé, sono inseriti allo scopo di rendere l’addestramento “funzionante” per il pubblico occidentale.
15.2 Valutazione della Secolarizzazione delle Pratiche Contemplative Buddiste
La secolarizzazione delle pratiche contemplative buddiste ha ricevuto due critiche fondamentali.
In primo luogo, la prima critica riguarda il fatto che le pratiche buddiste si basano su modelli di salute mentale diversi da quelli cercati dal pubblico occidentale.
È particolarmente importante tenere presente questo punto quando si valuta l’efficacia delle pratiche contemplative buddiste secolarizzate.
Ad esempio, i primi sūtra buddisti raffigurano la sofferenza come un ingrediente inevitabile dell’esistenza. Essi sostengono che l’unico rimedio genuino alla sofferenza sia l’uscita completa da saṃsāra (il mondo fenomenale), e ciò richiede, tra le altre cose, di abbandonare la speranza che la felicità in questo mondo sia possibile. Tuttavia, questa disperazione, considerata nello spirito buddista uno stato di maturità spirituale, viene vista nella cultura occidentale contemporanea come una forma di depressione.
La nostra cultura moderna preferisce considerare la pratica spirituale come una “scienza della felicità”.
Al contrario, i pensatori buddisti come Śāntideva riconoscono che la sofferenza può fungere da catalizzatore per la pratica spirituale. Pertanto, la pratica contemplativa buddista non mira a lenire la sofferenza a breve termine, ma piuttosto a eliminare le cause della sofferenza a lungo termine.
Tuttavia, i modelli occidentali di salute mentale tendono a vedere la sofferenza e la depressione come stati mentali indesiderati che devono essere corretti.
L’addestramento alla compassione secolare, quindi, è vulnerabile alla critica di essere utilizzato per placare forme di sofferenza a breve termine invece di essere utilizzato come catalizzatore per una trasformazione più profonda.
In secondo luogo, un’altra critica sostiene che i programmi secolari sono il risultato di un’appropriazione selettiva e della mercificazione delle pratiche contemplative buddiste, con l’unico scopo di soddisfare il diffuso consumismo delle società occidentali. Questo comporta una versione depotenziata della consapevolezza, privata dei suoi elementi essenziali, e confezionata per essere esposta sugli scaffali dei supermercati commerciali di auto-aiuto. Questa mercificazione degli insegnamenti buddisti, adattandoli a scopi egoistici, li allinea con l’orientamento individualista e consumista delle società capitalistiche occidentali, piuttosto che perseguire l’obiettivo di eradicare l’egocentrismo, radice basilare della sofferenza.
Risposta alle Critiche
Alle critiche si potrebbe rispondere che il CCT non cerca di rivendicare un’autenticità nel senso buddista di trasmissione, ma la sua validità deriva dal fatto che “funziona” nel contesto secolare.
La critica dell’appropriazione selettiva a fini di mercificazione è la più difficile da affrontare. Tuttavia, va notato che il principale promotore di questa secolarizzazione è lo stesso Dalai Lama. Egli ha contribuito finanziariamente al programma di Stanford, partecipa regolarmente a conferenze e, nel corso degli anni, ha sviluppato la sua etica secolare, con cui promuove la compassione come una qualità umana, non religiosa.
Inoltre, è evidente che la storia del pensiero buddista mostra la presenza di cambiamenti molto significativi. Dai passaggi dal buddismo Theravada al buddismo Mahayana, si è assistito a trasformazioni estreme. Nell’attuale discussione, abbiamo esaminato come la pratica avanzata del bodhisattva di eguagliare e scambiare (come descritta da Śāntideva tra la fine del VII e metà dell’VIII secolo d.C.) sia stata trasformata nella pratica di tonglen, accessibile anche ai principianti nelle contemplazioni di Lojong e Lamrim.
Pertanto, la mercificazione rappresenta solo un aspetto di questo fenomeno, l’altro riguarda la progressiva adattabilità della pratica buddista nel corso dei secoli per rispondere alle esigenze delle diverse culture ospitanti.
Infine, è inevitabile che i concetti religiosi subiscano una trasformazione quando una religione si confronta con la scienza. Nel contesto attuale, la compassione diventa una categoria naturale e psicologica, una qualità universale di ogni essere umano, al centro della natura umana, piuttosto che un imperativo etico.