3  Sistematizzazioni Mahāyāna

3.1 La Compassione come Cuore del Percorso Spirituale

Nei testi Mahāyāna, la compassione (karuṇā) occupa un ruolo centrale nel cammino del bodhisattva, una figura che incarna l’ideale supremo di altruismo e saggezza. Il bodhisattva, il cui nome può essere tradotto come “essere risvegliato” o “colui che cerca l’illuminazione per il bene di tutti gli esseri”, è una persona che si impegna non solo a raggiungere l’illuminazione personale, ma anche ad alleviare la sofferenza altrui lungo il percorso. Piuttosto che cercare la liberazione esclusiva per sé, il bodhisattva si dedica a restare nel mondo, aiutando gli altri a superare la sofferenza.

Questo impegno altruistico si sviluppa in modo graduale e richiede un lavoro interiore profondo, che è guidato dalla compassione e sostenuto dalla saggezza. Per comprendere meglio il significato della compassione in questa tradizione, possiamo analizzarla attraverso tre questioni fondamentali:

  • qual è l’orgine della compassiome?
  • come si sviluppa?
  • qual è il risultato finale che vogliamo raggiungere?
  1. Origine della compassione: La tradizione Mahāyāna considera la compassione una qualità intrinseca e universale, ma che spesso rimane sopita o bloccata dagli attaccamenti e dall’egoismo. Tuttavia, attraverso la pratica e la riflessione, questa qualità può emergere e diventare una forza trasformativa nella vita dell’individuo.

  2. Coltivazione della compassione: La compassione non è solo un’emozione spontanea, ma un’attitudine complessa che comprende empatia, intuizione e azione intenzionale. Per un bodhisattva, essa si coltiva tramite pratiche specifiche, come la meditazione sull’interconnessione tra gli esseri, che aiuta a sviluppare un profondo senso di responsabilità verso la sofferenza altrui.

  3. Perfettibilità della compassione: Nel Mahāyāna, la “compassione perfetta” è quella che si accompagna alla saggezza (prajñā), ovvero alla comprensione profonda della realtà, inclusa la natura interdipendente di tutti i fenomeni. Questa forma di compassione supera i limiti dell’emotività personale e diventa universale, priva di attaccamenti e in grado di abbracciare tutti gli esseri viventi senza distinzioni.

In sintesi, la compassione nel percorso del bodhisattva non è solo una risposta emotiva alla sofferenza, ma una pratica consapevole e trasformativa che guida l’individuo verso l’illuminazione, mantenendo al centro il benessere e la liberazione di tutti gli esseri senzienti. Questa prospettiva offre una visione della compassione come forza fondamentale non solo per la crescita personale, ma anche per il miglioramento collettivo.

3.2 Origine della Compassione

L’origine della compassione, secondo molti testi Mahāyāna, è profondamente legata alla dottrina del Tathāgatagarbha, come descritto nel Tathāgatagarbha Sūtra. Questa dottrina sostiene che ogni individuo possieda un “embrione di Buddha” (Tathāgatagarbha), un nucleo intrinseco che contiene il potenziale per raggiungere l’illuminazione. La compassione, in questa prospettiva, è una qualità naturale della mente umana: un “tesoro interiore” in attesa di essere riscoperto.

Il bodhisattva, nel contesto Mahāyāna, si impegna a portare alla luce questa qualità innata, purificando la mente dalle impurità e manifestando la compassione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. In questo senso, il percorso spirituale è visto come un processo di “scoperta” della propria natura compassionevole piuttosto che come una costruzione ex novo.

Yogācāra e la Compassione Universale

La scuola Yogācāra offre un’ulteriore spiegazione, proponendo la teoria delle “famiglie spirituali” (gotra), secondo cui ogni individuo appartiene a una di cinque “propensioni spirituali”, ciascuna caratterizzata da una diversa inclinazione verso la compassione:

  1. Icchantika: Esseri apparentemente privi di aspirazione spirituale, considerati incapaci di raggiungere l’illuminazione.

  2. Tīrthya: Individui che seguono vie spirituali alternative al Buddhismo e non si rifugiano nei Tre Gioielli.

  3. Śrāvaka: Discepoli che cercano la liberazione personale tramite il distacco dai desideri mondani.

  4. Pratyekabuddha: Buddha solitari che perseguono l’illuminazione personale senza dedicarsi alla liberazione di altri.

  5. Bodhisattva: Coloro che aspirano a raggiungere l’illuminazione per il bene di tutti gli esseri, incarnando la compassione universale.

Secondo Yogācāra, solo i bodhisattva possiedono una predisposizione naturale per la compassione universale (mahākaruṇā) che si sviluppa ulteriormente attraverso l’educazione e la pratica meditativa. In questo contesto, tramite la riflessione e la meditazione, la compassione si trasforma in un impegno attivo e altruistico.

Madhyamaka e la Compassione Acquisita

La scuola Madhyamaka adotta un approccio diverso. Contrariamente a Yogācāra, Madhyamaka non riconosce l’esistenza di un’inclinazione innata specifica (come il gotra) alla compassione universale, ma sostiene che tutti gli esseri possiedano una compassione “ordinaria”, la quale può essere sviluppata fino a diventare la mahākaruṇā attraverso il bodhicitta (l’intenzione altruistica di raggiungere l’illuminazione per il bene di tutti).

Per i seguaci di Madhyamaka, la compassione universale emerge non da una predisposizione innata, ma da un impegno consapevole e intenzionale. La compassione, dunque, è una qualità acquisita e perfezionata tramite la pratica spirituale e la meditazione.

3.3 Coltivazione della Compassione

In entrambe le scuole, la compassione viene coltivata attraverso un percorso progressivo di pratica meditativa e disciplina mentale. Questa coltivazione richiede non solo l’addestramento a percepire la sofferenza degli altri, ma anche la rimozione degli ostacoli mentali che ne limitano l’espressione, come l’aggressività e l’indifferenza.

Il processo di coltivazione nella tradizione Mahāyāna comporta diversi stadi di comprensione e azione. I praticanti sono incoraggiati a sviluppare un’empatia attiva che va oltre la semplice percezione della sofferenza, trasformandola in un impegno concreto e altruistico per alleviarla.

3.4 Perfettibilità della Compassione

La “compassione perfetta” (mahākaruṇā) nel contesto Mahāyāna è un obiettivo che i bodhisattva perseguono tramite il loro percorso spirituale, mirato a raggiungere l’illuminazione non solo per sé stessi, ma per il bene di tutti. Questa compassione è priva di attaccamento personale ed è caratterizzata da un senso di equanimità e dedizione universale. Essa rappresenta la meta ultima del bodhisattva, che lavora per eliminare i propri limiti mentali e incarnare un amore e una compassione imparziali per tutti gli esseri.

3.5 Considerazioni Finali

L’analisi delle scuole Mahāyāna rivela una convergenza sull’importanza della compassione come attributo naturale dell’essere umano, ma con divergenze nei dettagli interpretativi:

  • Yogācāra evidenzia il ruolo delle “famiglie spirituali” (gotra) e attribuisce alla compassione un’origine innata, supportata dalla predisposizione e dall’eredità spirituale.

  • Madhyamaka, invece, sottolinea il carattere volontario e coltivato della compassione, che nasce da un atto intenzionale e si sviluppa tramite il bodhicitta e la pratica del Dharma.

In entrambe le visioni, la mahākaruṇā rappresenta il cuore del Buddhismo Mahāyāna, poiché è la forza che spinge i bodhisattva verso l’illuminazione e il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Che sia innata o coltivata, la compassione è considerata un attributo essenziale e un ideale da perseguire, riflettendo l’impegno del Mahāyāna nel promuovere un’etica altruistica e interdipendente.