5  Metodi di Coltivazione della Compassione

5.1 Metodi Contemplativi per Trasformare la Mente

Nel percorso spirituale buddista, i metodi contemplativi per la trasformazione della mente sono considerati essenziali per sviluppare la compassione. Sebbene la scienza moderna abbia cominciato solo recentemente a esplorare il potenziale trasformativo di questi metodi, la tradizione buddista ha da sempre creduto nella possibilità di una profonda e duratura trasformazione interiore. Nei testi buddhisti, questa trasformazione richiede ripetizione, disciplina e intuizione, e vede la compassione come una qualità che può essere coltivata attraverso un allenamento intenzionale.

Un passaggio significativo dei testi buddhisti afferma: “Qualunque cosa si pensi e si rifletta frequentemente, quella diventerà l’inclinazione della propria mente” Nanamoli & Bodhi (1995). Questo principio suggerisce che le abitudini mentali e le pratiche ripetute contribuiscono a modellare la mente, rendendola fertile per lo sviluppo della compassione.

In particolare, nella tradizione Mahāyāna, si identificano vari metodi contemplativi per la coltivazione della compassione, che fungono da guide per coloro che desiderano integrarla profondamente nella propria vita. Esaminiamo tre principali approcci per sviluppare questa virtù.

5.2 Tre Approcci Didattici

Secondo Julia Caroline Stenzel, i principali approcci didattici buddisti per la coltivazione della compassione possono essere distinti in tre categorie:

  1. Approccio Costruttivo
  2. Approccio Decostruttivo
  3. Approccio Cognitivo-Analitico

Ciascuno di questi metodi contribuisce allo sviluppo della compassione, sebbene con modalità e prospettive differenti. L’analisi di questi approcci ci permette di confrontare le pratiche tradizionali buddiste con quelle secolarizzate, mettendo in luce analogie e differenze.

L’Approccio Costruttivo

L’approccio costruttivo, il più diffuso nella tradizione buddista, punta a sviluppare la compassione attraverso la trasformazione e l’ampliamento di qualità umane già esistenti, come la gentilezza amorevole, la cura, la generosità e la gratitudine. Questo metodo include una serie di pratiche, tra cui spiccano:

  1. Meditazione sulla gentilezza amorevole e cura personale: il praticante si concentra sulle proprie esperienze di cura e gentilezza, e poi estende questi sentimenti a tutti gli esseri. Attraverso la contemplazione e la visualizzazione, si sviluppa gradualmente una connessione empatica e universale con tutti gli esseri.

  2. Recitazione di preghiere di aspirazione: queste preghiere esprimono un impegno altruistico e servono a coltivare l’intenzione di agire compassionevolmente. Tra le preghiere più recitate nel buddismo Mahāyāna vi è la “Preghiera per la Buona Condotta,” che rappresenta un’intensa aspirazione a perseguire l’illuminazione per il bene di tutti gli esseri.

L’approccio costruttivo vede nella responsabilità personale un elemento cardine: la compassione diventa un impegno attivo, un intento costante di liberare gli esseri dalla sofferenza. Il praticante si assume la responsabilità di coltivare questa virtù, rinnovando quotidianamente l’impegno di agire per il benessere degli altri, come espresso nel voto del bodhicitta.

L’Approccio Decostruttivo

A differenza dell’approccio costruttivo, l’approccio decostruttivo si concentra sull’eliminazione delle barriere mentali che ostacolano la compassione, come afflizioni mentali (ad esempio, malevolenza, disgusto, gelosia) e il pensiero dualistico. L’obiettivo è sciogliere le radici del pensiero egoistico e dell’attaccamento all’identità individuale, percepiti come ostacoli alla vera compassione.

Per fare ciò, si utilizza la pratica meditativa del “capovolgimento ontologico” proposta da Śāntideva nel Bodhicaryāvatāra, nota come “equalizzazione e scambio di sé e altri” (svaparasamatā parātmaparivartana). Questa pratica invita il praticante a identificarsi empaticamente con gli altri, scambiando simbolicamente la propria posizione con quella altrui, al fine di dissolvere la percezione di un sé separato e sviluppare una compassione autentica, libera da pregiudizi.

L’approccio decostruttivo, dunque, è un metodo a lungo termine che mira a eliminare le afflizioni mentali alla radice, in modo che la compassione possa manifestarsi senza ostacoli.

L’Approccio Cognitivo-Analitico

L’approccio cognitivo-analitico si basa sulla meditazione analitica e sulla riflessione profonda. In questo metodo, il praticante esplora temi come:

  • I vantaggi della compassione: riflettendo sui benefici della compassione, il praticante può motivarsi a coltivarla con dedizione.
  • L’uguaglianza tra sé e gli altri: si contempla il desiderio universale di felicità e la comune vulnerabilità alla sofferenza, che diventano base per una compassione inclusiva.

Questo approccio si distingue per la sua natura razionale e motivazionale, poiché fornisce una solida base logica per coltivare la compassione, motivando il praticante a integrarla nella propria visione della realtà.

5.3 L’Equanimità come Fondamento

In tutti e tre gli approcci didattici, l’equanimità è un principio essenziale. Essa implica la capacità di vedere tutti gli esseri come ugualmente meritevoli di compassione, senza parzialità o discriminazioni. In tal senso:

  • Approccio Costruttivo: l’equanimità aiuta il praticante a sviluppare un affetto universale, basato sulla consapevolezza che tutti gli esseri, in qualche vita passata, sono stati nostri cari.
  • Approccio Decostruttivo: l’equanimità contribuisce a smantellare l’illusione di separazione tra sé e altri, promuovendo un senso di uguaglianza.
  • Approccio Cognitivo-Analitico: si riflette sul fatto che tutti gli esseri condividono il desiderio di felicità e la propensione alla sofferenza, rendendo la compassione equanime una naturale conseguenza di questa visione.

5.4 Lo Stile di Vita della Compassione

Il Vimalakīrtinirdeśa Sūtra esplora il ruolo dello stile di vita compassionevole, distinguendo tra approcci prosociali e asociali. Nel contesto prosociale, la compassione si manifesta attraverso atti di generosità, dal sostegno materiale a quello psicologico e spirituale, orientati a migliorare il benessere altrui. Secondo Asaṅga, la generosità rafforza la compassione stessa, conducendo a una felicità duratura basata sull’aiuto reciproco.

D’altro canto, l’approccio asociale suggerisce una vita contemplativa come mezzo per rafforzare la compassione. Il bodhisattva, isolandosi, raggiunge una chiarezza interiore e una comprensione profonda della vacuità e dell’interdipendenza, che poi si riflettono in azioni compassionevoli nel mondo. La meditazione sulla vacuità, per esempio, porta alla compassione estesa a tutti gli esseri, poiché permette di riconoscere la loro interconnessione con noi stessi.

Le Sei Perfezioni (Pāramitā)

Le sei pāramitā rappresentano le qualità fondamentali che il praticante deve sviluppare per vivere la compassione in modo autentico:

  1. Generosità (Dāna): Donare in modo disinteressato.
  2. Disciplina (Śīla): Osservare un comportamento etico.
  3. Tolleranza (Kṣānti): Sopportare le difficoltà senza cedere all’ira.
  4. Sforzo (Vīrya): Dedicarsi con impegno alla pratica compassionevole.
  5. Concentrazione (Dhyāna): Coltivare una mente focalizzata e serena.
  6. Saggezza (Prajñā): Comprendere la vacuità e l’interdipendenza.

Attraverso la pratica di queste pāramitā, la compassione diventa una forza trasformativa duratura, capace di portare benefici tanto al praticante quanto agli altri esseri.

5.5 Benefici della Coltivazione della Compassione

La pratica della compassione porta vantaggi sia al praticante che agli altri, secondo il concetto buddista dei “due vantaggi”: il beneficio personale (svārtha) e quello per gli altri (parārtha). Questo equilibrio è cruciale per evitare un eccesso di egoismo e garantire che la compassione rimanga pura e disinteressata. Inoltre, coltivare la compassione aumenta il merito karmico, assicurando al praticante una rinascita favorevole e la progressiva liberazione dalla sofferenza.

5.6 Considerazioni Finali

Gli approcci buddisti alla compassione – costruttivo, decostruttivo e cognitivo-analitico – offrono un percorso completo per la sua coltivazione, ciascuno integrando e completando l’altro. Mentre l’approccio decostruttivo è il più impegnativo, poiché richiede di dissolvere la propria visione egoistica del mondo, l’approccio cognitivo-analitico fornisce la base razionale per comprendere la compassione, e l’approccio costruttivo offre un metodo concreto per applicarla nella pratica quotidiana.

La compassione buddista differisce dalle pratiche secolarizzate di mindfulness e autocompassione per la sua natura universale e per l’assenza di una distinzione tra sé e altri. Nel buddismo, non c’è una “auto-compassione” separata dalla compassione per gli altri, poiché l’equanimità è il fondamento della mahākaruṇā (grande compassione). In altre parole, senza equanimità, non c’è vera compassione nel senso buddista.

In sintesi, mentre le pratiche secolari come la mindfulness si concentrano prevalentemente sul benessere individuale, la compassione buddista abbraccia una prospettiva inclusiva e universale, orientata al beneficio di tutti gli esseri. Le due visioni condividono tuttavia l’obiettivo di promuovere la gentilezza e il benessere, ma la compassione buddista si distingue per il suo impegno verso un beneficio globale e per l’aspirazione alla liberazione universale.

Bibliografia

Nanamoli, B., & Bodhi, B. (1995). The middle length discourses of the Buddha. A Translation of the Majjhima Nikaya. Wisdom Publications.