2  Incontri tra Culture

2.1 Compassione nel Buddhismo e nel Contesto Secolare

La compassione è un tema di profonda rilevanza in diverse tradizioni culturali e religiose, oltre che nella riflessione secolare. Questo concetto, pur attraversando ambiti e contesti molto differenti, conserva un nucleo comune: il riconoscimento della sofferenza altrui e il desiderio di alleviarla. Tuttavia, la sua comprensione e applicazione variano in base alla prospettiva considerata.

In un recente articolo pubblicato su Trends in Cognitive Sciences, Gallagher et al. (2024) presentano una prospettiva contemporanea, radicata nelle neuroscienze, relativa alla compassione, mettendo in relazione questo concetto con la “wisdom” e la ristrutturazione cognitiva.

Compassione e Wisdom

Gallagher et al. (2024) descrivono la compassione come una forma di motivazione che riconosce la nostra interdipendenza con gli altri e l’obbligo di agire per ridurre la loro sofferenza. Questo è particolarmente evidente nelle tradizioni contemplative buddiste, dove la compassione non è semplicemente un’emozione, ma una pratica di saggezza che informa l’azione. La compassione implica una saggezza eticamente fondata che include la capacità di riflessione socio-cognitiva e di prendere prospettive, con un orientamento verso il bene comune e la ricerca di una verità più profonda.

Compassione e Ristrutturazione Cognitiva

Secondo Gallagher et al. (2024), la compassione coinvolge processi di valutazione cognitiva che sono sintonizzati sui segni antecedenti di sofferenza immeritata, nonché sulla capacità fisica ed emotiva di affrontarla. Questo dipende da un’abilità di sintonizzarsi e far fronte allo stress associato al testimoniare la sofferenza degli altri. Le tradizioni contemplative identificano una varietà di processi cognitivi coinvolti nella pratica della compassione, inclusi strategie attenzionali, costruttive e decostruttive che implicano meta-consapevolezza, presa di prospettiva, ristrutturazione cognitiva e auto-indagine.

La compassione richiede una competenza riflessiva e di regolazione emotiva che mantiene un equilibrio mentale, capace di guidare un percorso tra l’evitamento del dolore e della sofferenza e la reattività emotiva che coinvolge il distress empatico. Questo tipo di regolazione può essere raggiunto attraverso la pratica della mindfulness, che mira a coltivare un’attenzione basata sull’accettazione dell’esperienza nel momento presente.

Queste idee evidenziano come la compassione sia strettamente legata a processi cognitivi complessi che includono sia la saggezza pratica che la ristrutturazione cognitiva, entrambi essenziali per affrontare e alleviare la sofferenza altrui.

In questa presentazione, svilupperemo queste idee esplorando, in particolare, la riflessione sulla compassione nella tradizione buddhista, e facendo delle considerazioni su come queste idee si sono sviluppate storicamente fino ad arrivare a noi in una forma trasformata. Questi concetti, che hanno origini in un contesto culturale molto diverso dal nostro, che si sono modificati nel corso di un’evoluzione storica millenaria, trovano oggi un ruolo importante nella psicologia contemporanea. I concetti di self-compassion e di mindfulness sono quelli più popolari. Tuttavia, il modo in cui questi concetti vengono intesi oggi è molto diverso da come questi concetti venivano, e vengono, intesi all’interno della tradizione culturale da cui prendono origine.

La motivazione della mia presentazione è che una maggiore comprensione di queste origini culturali e una maggiore consapevolezza di ciò che non è stato preservato nella nostra re-interpretazione contemporanea, possa essere utile per migliorare l’uso di queste pratiche nella psicologia contemporanea.

2.2 Etimologia e Interpretazione

Iniziamo con alcune considerazioni di tipo etimologico, sia nel Buddhismo Mahāyāna che nella tradizione occidentale.

Nelle lingue occidentali, il termine “compassione” deriva dal latino compassio, che significa “soffrire insieme”. Questa radice etimologica sottolinea un legame intrinseco tra la compassione e l’empatia per la sofferenza altrui. Tuttavia, nel linguaggio moderno, i termini “empatia”, “simpatia” e “pietà” vengono spesso confusi con la compassione, rendendo meno chiari i confini distintivi tra questi concetti.

Nel Buddhismo Mahāyāna, la compassione è espressa attraverso il termine sanscrito karuṇā, che si riferisce a un sentimento di profonda preoccupazione e desiderio di alleviare la sofferenza degli altri. Questo concetto va oltre la semplice empatia, includendo un impegno attivo verso il benessere altrui. La compassione, in questo contesto, è vista come una virtù fondamentale che guida l’azione etica e spirituale.

In sintesi, mentre la radice etimologica della compassione nelle lingue occidentali mette in evidenza l’idea di “soffrire insieme”, il Buddhismo Mahāyāna amplia questo concetto includendo un impegno attivo e una preoccupazione profonda per il benessere degli altri.

Approccio Aristotelico e Visioni Moderne

Aristotele descriveva la compassione come un’emozione complessa, caratterizzata dalla consapevolezza della gravità della sofferenza altrui, dalla percezione che tale sofferenza sia immeritata e dalla paura che eventi simili possano colpirci. Questa concezione lega la compassione alla vulnerabilità umana e all’empatia verso gli altri.

In epoca contemporanea, Martha Nussbaum ha rielaborato questa visione, sostituendo l’elemento della paura con una prospettiva eudaimonistica: il dolore nasce dalla consapevolezza dell’ingiustizia subita dall’altro, non dalla nostra vulnerabilità personale. Nussbaum enfatizza l’importanza della giustizia e della connessione umana, spostando la compassione verso un’azione altruistica ed etica.

Parallelamente, la neuroscienza moderna, rappresentata da Tania Singer, distingue chiaramente tra empatia e compassione. L’empatia implica la capacità di percepire e condividere le emozioni altrui, ma può sfociare in “angoscia empatica,” che porta al disagio personale. La compassione, invece, si traduce in un desiderio costruttivo di alleviare la sofferenza, evidenziando un passaggio dall’emozione condivisa all’azione concreta. Questa distinzione è cruciale per comprendere come la compassione possa essere una forza motrice per il benessere collettivo, superando i limiti dell’empatia e promuovendo un impegno attivo verso il bene comune.

2.3 La Compassione nel Buddhismo Mahāyāna

Nella tradizione buddhista Mahāyāna, la compassione (karuṇā) è un principio fondamentale che indica il desiderio di alleviare la sofferenza altrui. Questo concetto è centrale per chi segue il cammino del bodhisattva, un individuo che dedica la propria vita a raggiungere l’illuminazione non solo per sé stesso, ma per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Livelli di Compassione

La tradizione Mahāyāna distingue tre forme principali di compassione, ciascuna rappresentante un livello di sviluppo spirituale:

  1. Compassione per gli esseri senzienti (sattvālambana karuṇā): Questa forma di compassione implica un’empatia diretta per la sofferenza degli altri. È il livello iniziale in cui si riconosce e si risponde alla sofferenza altrui con empatia e desiderio di aiutare.

  2. Compassione per i fenomeni (dharmālambana karuṇā): Questa forma di compassione va oltre la sofferenza individuale, riconoscendo la sofferenza insita nell’impermanenza e nella natura effimera della realtà. È una consapevolezza più profonda che vede la sofferenza come parte integrante dell’esistenza stessa.

  3. Compassione senza oggetto (anālambana karuṇā): Questo è lo stato mentale più elevato, universale e privo di attaccamento. Rappresenta l’apice dello sviluppo spirituale, dove la compassione non è diretta verso un oggetto specifico, ma è una disposizione mentale costante e imparziale verso tutti gli esseri.

Questa classificazione riflette la crescita spirituale dei bodhisattva, che passano da una compassione individuale a una compassione universale e imparziale. La mahākaruṇā (grande compassione) rappresenta una dimensione in cui il praticante si impegna attivamente a liberare tutti gli esseri dalla sofferenza, fondendo empatia e saggezza. Questo impegno non è solo un atto di gentilezza, ma una pratica continua e consapevole che mira a trasformare la realtà attraverso l’azione compassionevole.

Approcci Contemplativi

Nel Buddhismo, la compassione è coltivata attraverso pratiche contemplative, come la meditazione sui quattro sentimenti infiniti (apramāṇa), che includono la gentilezza amorevole, la gioia compartecipe, la compassione e l’equanimità. Queste pratiche aiutano a sviluppare una comprensione profonda della natura della sofferenza e delle sue cause, andando oltre la semplice empatia per abbracciare un impegno attivo e consapevole verso il benessere altrui.

Ecco una versione rivista e migliorata del testo:


2.4 Convergenze e Differenze tra Contesto Buddhista e Secolare

La compassione, nel contesto secolare, conserva un legame con le sue radici spirituali, ma assume caratteristiche proprie. Thupten Jinpa, accademico e traduttore del Dalai Lama, identifica la compassione attraverso quattro dimensioni: consapevolezza della sofferenza, preoccupazione empatica, desiderio di alleviarla e disponibilità ad agire. Questi aspetti richiamano la tradizione buddhista, ma nel contesto secolare si sottolineano maggiormente l’applicazione pratica e l’importanza dell’interconnessione umana.

Nel Buddhismo Mahāyāna, la compassione si accompagna all’abnegazione e al sacrificio personale, considerati elementi essenziali per alleviare la sofferenza altrui. Al contrario, nel contesto secolare, si adotta spesso un approccio più pragmatico, in cui la compassione non richiede necessariamente elevati costi personali. Si promuove, invece, l’idea di un equilibrio tra il prendersi cura degli altri e il prendersi cura di sé stessi, riconoscendo che il benessere personale è una base fondamentale per contribuire efficacemente al benessere altrui.

In entrambi i contesti, la compassione è vista come una forza potente per il bene comune. Tuttavia, si distinguono per le modalità di applicazione: il Buddhismo enfatizza l’abnegazione personale, mentre il contesto secolare sottolinea l’equilibrio tra cura di sé e cura degli altri.

Trasformazione personale: un confronto

Una delle differenze principali tra la prospettiva buddhista e quella occidentale riguarda l’impatto della compassione sulla persona che la pratica. Nel Buddhismo, la compassione (mahākaruṇā), combinata con la saggezza (prajñā), conduce a una profonda trasformazione cognitiva. Questo processo permette di ristrutturare non solo il modo in cui si percepisce e si interagisce con il mondo, ma anche la propria identità e il senso del sé. La pratica della compassione, quindi, diventa un mezzo per comprendere la realtà in modo autentico e superare le limitazioni egoiche.

Nel contesto occidentale contemporaneo, invece, la compassione viene spesso intesa come empatia e come un impulso all’azione a favore degli altri. Sebbene questo approccio favorisca comportamenti altruistici e migliori il benessere delle persone coinvolte, non implica necessariamente una ristrutturazione cognitiva profonda o un cambiamento radicale nella percezione di sé e della realtà.

In sintesi, la compassione buddhista si pone l’obiettivo di trasformare profondamente la persona, attraverso una sintesi di saggezza e compassione che ristruttura il sé e la percezione del mondo. La compassione occidentale, invece, privilegia l’azione pratica e l’empatia, senza richiedere una trasformazione interiore altrettanto radicale. Questa distinzione evidenzia due modi complementari di intendere la compassione, offrendo spunti preziosi per arricchire le pratiche psicologiche con una prospettiva integrata che unisca profondità interiore e applicazione pratica.

2.5 Conclusioni

In questo capitolo, abbiamo esaminato come la compassione rappresenti un tema centrale sia nella tradizione buddhista sia nella cultura occidentale, fungendo da ponte tra il riconoscimento della sofferenza altrui e l’impegno per alleviarla. Le diverse interpretazioni e applicazioni di questa qualità riflettono prospettive culturali e filosofiche uniche: mentre il Buddhismo punta alla trasformazione profonda dell’individuo attraverso la saggezza e l’abnegazione, la prospettiva occidentale privilegia l’empatia e l’azione pratica, ponendo maggiore enfasi sull’equilibrio tra cura di sé e cura degli altri.

Questo confronto non solo evidenzia le differenze, ma anche le convergenze tra i due approcci, sottolineando il valore universale della compassione come forza motrice per il benessere collettivo e individuale. Integrare le intuizioni delle due tradizioni può offrire una visione più ricca e completa, che combina trasformazione interiore e azione concreta.

Nei capitoli successivi, approfondiremo questi temi, esplorando le modalità attraverso cui la compassione può essere coltivata e applicata nella pratica psicologica. La rilettura della compassione alla luce delle sue radici spirituali e delle sue applicazioni secolari rappresenta un’opportunità per arricchire l’approccio terapeutico, offrendo strumenti più completi per supportare i pazienti in modo efficace e per promuovere un benessere che includa tanto il sé quanto gli altri.

Bibliografia

Gallagher, S., Raffone, A., & Aglioti, S. M. (2024). The Pattern Theory of Compassion. Trends in Cognitive Sciences, 28(2), 85–96.