9  Mindfulness

In questa sezione esploriamo la meditazione buddhista partendo dalla presentazione di Bhikkhu Analayo, considerato uno dei maggiori esperti contemporanei del buddhismo antico. Analizzeremo due suoi contributi recenti, che offrono prospettive utili sia per i ricercatori che per i praticanti.

Il primo testo esamina la relazione tra la mindfulness e uno dei meccanismi psicologici disfunzionali più rilevanti: la rigidità cognitiva, caratterizzata dalla reiterazione di comportamenti e schemi di pensiero anche quando questi risultano chiaramente controproducenti. L’obiettivo è mostrare come la mindfulness possa rappresentare un fattore protettivo contro questa forma di rigidità mentale, alla base di molte difficoltà psicologiche.

Il secondo contributo include cinque brevi articoli che introducono la mindfulness nel buddhismo antico, con un linguaggio accessibile anche ai praticanti. Pubblicati recentemente sulla rivista scientifica mindfulness, questi articoli utilizzano riferimenti e concetti tipici della psicologia contemporanea per connettere antiche pratiche meditative alle esigenze odierne.

Come discusso nei capitoli precedenti, questo approfondimento si propone di evidenziare il carattere trasformativo delle pratiche contemplative, quando svolte secondo le modalità proposte nel contesto culturale del buddhismo antico. L’obiettivo è mostrare come tali pratiche, in questo specifico quadro, possano offrire un contributo alla risoluzione di problematiche identificate dalla psicologia contemporanea.

9.1 La mindfulness come fattore protettivo contro la rigidità cognitiva

Le ricerche sull’impatto della mindfulness sulla flessibilità cognitiva hanno prodotto risultati contrastanti (Lee & Orsillo, 2014, p. 209; vedi anche Bashmakova e Shcherbakova, 2021), evidenziando la necessità di ulteriori approfondimenti. Tuttavia, Anālayo (2022) sottolinea che alcuni studi offrono spunti interessanti per comprendere meglio questa relazione. Secondo Zou et al. (2020, p. 2),

di fronte a situazioni di vita difficili, gli individui con uno stile di pensiero rigido tendono a percepire la situazione come immutabile e incontrollabile.

Shapero et al. (2018, p. 1465) hanno evidenziato che

l’addestramento alla mindfulness può modificare i modelli abituali di risposta agli eventi, aumentando la flessibilità con cui i pazienti […] scelgono diverse strategie di coping.

Moore e Malinowski (2009, p. 177) argomentano che, poiché

la meditazione mindfulness dipende dall’(re-)investimento dell’attenzione momento per momento, l’addestramento alla mindfulness dovrebbe ipoteticamente condurre a […] una maggiore capacità di rispondere in modo non abituale.

Secondo Heidari et al. (2020, p. 138),

gli esercizi di mindfulness permettono a una persona di distanziarsi dai processi mentali automatici e aumentare gradualmente le proprie visioni e intuizioni interiori, cercando […] nuove soluzioni.

Greenberg et al. (2012, p. 6) osservano che

la pratica della mindfulness riduce la rigidità cognitiva grazie alla tendenza a non trascurare soluzioni semplici e innovative a una situazione, evitando schemi di pensiero rigidi e ripetitivi formati dall’esperienza.

Fabio e Towey (2018, p. 83) suggeriscono che

una pratica a lungo termine potrebbe influenzare il modo in cui le persone si affidano a diversi stili di pensiero,

osservando che i meditatori esperti mostrano

una preferenza per una modalità olistica di elaborazione delle informazioni e strategie intuitive.

Queste osservazioni invitano a esplorare il potenziale della mindfulness nel superare la rigidità mentale, consentendo in particolare di trascendere schemi di pensiero dualistici. Sembra infatti che, promuovendo una ricettività aperta, la pratica della mindfulness possa incoraggiare l’assimilazione di maggiori dettagli, aumentando la consapevolezza di gradi e sfumature più sottili, piuttosto che optare rapidamente per una soluzione binaria.

9.2 La Meditazione sugli Incommensurabili

Nel suo contributo iniziale, Anālayo (2024b) presenta una descrizione delle pratiche meditative sugli Incommensurabili, enfatizzandone le radici nel buddhismo antico. Gli Incommensurabili, detti anche stati mentali illimitati o dimore divine (brahmavihāra), comprendono quattro qualità fondamentali: benevolenza (mettā), compassione (karunā), gioia compartecipe (muditā) ed equanimità (upekkhā). Questi stati mentali vengono coltivati per sviluppare una mentalità senza confini e una profonda connessione con tutti gli esseri.

Una caratteristica distintiva del metodo antico consiste nel concetto di radiazione mentale illimitata, che si contrappone ad approcci più recenti basati sull’uso di frasi dirette a specifici individui. Questo aspetto merita un’attenzione particolare per comprendere la pratica nella sua forma originaria.

La radiazione mentale illimitata: un approccio universale

Nel buddhismo antico, la coltivazione degli Incommensurabili (benevolenza, compassione, gioia compartecipe ed equanimità) non si basa sul concentrare l’attenzione su persone specifiche né sull’uso di frasi ripetute mentalmente. Al contrario, si promuove una radiazione mentale senza confini, un’espansione spontanea e naturale di ciascuna qualità in tutte le direzioni: davanti, dietro, ai lati, sopra e sotto.

Questa radiazione non implica nemmeno l’idea di “tutti gli esseri senzienti” come oggetto specifico. È invece un’esperienza diretta, in cui la mente si immerge completamente nell’Incommensurabile, lasciando che la qualità meditativa si diffonda senza limiti né restrizioni.

Un esempio pratico

Supponiamo di voler coltivare mettā (benevolenza). Piuttosto che visualizzare singole persone a cui inviare benevolenza o ripetere frasi come “Che tu possa essere felice,” il praticante si concentra sull’evocare un sentimento di benevolenza universale. Questo sentimento viene quindi lasciato espandere:

  1. Prima direzione: Immagina di irradiarlo davanti a te, come un raggio di luce calda.
  2. Espansione graduale: Senza alcuno sforzo aggiuntivo, lascia che questo stato mentale si estenda in tutte le altre direzioni: dietro, ai lati, sopra e sotto, fino a pervadere l’intero spazio.
  3. Senza confini concettuali: Non pensare a chi lo riceve; semplicemente abita in quello stato mentale, lasciandolo fluire liberamente.

Chiarimento del concetto di “illimitato”

L’idea di radiazione illimitata è centrale:

  • Illimitato in relazione agli esseri: Non vi è una distinzione tra sé, altri, amici o sconosciuti. L’attitudine mentale non esclude nessuno.
  • Illimitato in relazione allo spazio: La qualità dell’Incommensurabile si espande senza confini, fino a pervadere ogni direzione, proprio come il calore del sole o il suono che si propaga nell’aria.
  • Illimitato in relazione al tempo: Non si tratta di un atto da compiere per un breve momento, ma di uno stato da mantenere e in cui dimorare.

Questa pratica differisce da approcci moderni che, concentrandosi su persone specifiche o sull’uso di frasi, possono limitare l’esperienza alla sfera concettuale o relazionale. Al contrario, la radiazione mentale illimitata mira a dissolvere i confini mentali e a promuovere uno stato di apertura totale.

La natura illimitata della pratica

La qualità di essere “illimitati” (appamāṇa) si riflette in due aspetti principali:

  1. L’attitudine mentale: Gli Incommensurabili sono caratterizzati dall’assenza di esclusioni. Benevolenza, compassione, gioia compartecipe ed equanimità sono estese universalmente, senza restrizioni verso particolari individui o gruppi.
  2. Il metodo meditativo: L’espansione illimitata in tutte le direzioni evita qualsiasi delimitazione mentale, promuovendo un’esperienza diretta di apertura e connessione universale.

In contrapposizione, approcci più moderni, come la coltivazione della self-compassion, tendono a limitare la pratica al sé. Sebbene efficaci nel rispondere a bisogni specifici delle società contemporanee, tali pratiche non riflettono la dimensione illimitata sia dell’attitudine mentale sia del metodo meditativo descritti nei testi antichi.

Benefici della radiazione mentale illimitata

La radiazione mentale illimitata consente di: - Evitare distrazioni concettuali: Non richiedendo di evocare persone specifiche o di ripetere frasi, la mente rimane libera da associazioni mentali superflue.
- Promuovere una connessione universale: L’espansione illimitata abbraccia tutto e tutti, dissolvendo confini e dualismi.
- Coltivare stati profondi di calma e apertura: La pratica facilita l’immersione diretta negli stati meditativi, sviluppando una consapevolezza stabile e radicata nel presente.

In conclusione, la radiazione mentale illimitata, così come descritta nei discorsi buddhisti antichi, rappresenta un metodo semplice ma profondamente trasformativo per coltivare gli Incommensurabili. Essa offre un’alternativa all’approccio concettuale e relazionale delle tradizioni successive, favorendo un’esperienza diretta e universale di benevolenza, compassione, gioia compartecipe ed equanimità. Questa prospettiva non solo arricchisce la comprensione della pratica meditativa, ma invita a riflettere sul suo potenziale per affrontare sfide personali e sociali in modo olistico e inclusivo.

Gli Incommensurabili

  • Benevolenza (Mettā)
    • Definizione: Atteggiamento di amicizia e benevolenza verso tutti, senza aspettative di reciprocità.
    • Pratica: Visualizza una radiazione di benevolenza che pervade tutto lo spazio, abbandonando rabbia e malevolenza.
    • Simbolo: Il sole a mezzogiorno, che illumina indistintamente tutto e tutti, senza discriminazioni.
  • Compassione (Karunā)
    • Definizione: Desiderio sincero di alleviare la sofferenza altrui, senza farsi sopraffare dal dolore.
    • Pratica: Coltiva una radiazione di compassione che affronta il “buio” della sofferenza, mantenendo una luce interiore stabile.
    • Simbolo: Il sole al tramonto, che splende con intensità mentre la notte si avvicina.
  • Gioia Compartecipe (Muditā)
    • Definizione: Capacità di rallegrarsi per il benessere e i successi altrui, contrastando invidia e disillusione.
    • Pratica: Radia gioia e contentezza, riconoscendo che la felicità autentica deriva dalla semplicità e dall’apprezzamento.
    • Simbolo: Il sole all’alba, che porta freschezza e rinnovamento.
  • Equanimità (Upekkhā)
    • Definizione: Atteggiamento di apertura e non attaccamento, che permette agli altri di seguire il proprio cammino senza imposizioni.
    • Pratica: Sviluppa un’accettazione aperta e radiante, abbandonando desideri e avversioni.
    • Simbolo: La luna piena, che riflette la luce del sole in modo sereno e distaccato.

Dal Fare all’Essere

Un aspetto cruciale della pratica è il passaggio:

  • Dal fare: Iniziare evocando l’attitudine scelta tramite immagini, nomi o simboli evocativi (es. il sole, un fiore, un cucciolo).
  • All’essere: Lasciare che mente e corpo siano completamente immersi nell’incommensurabile, senza ulteriori sforzi o ripetizioni.

La gestione delle distrazioni si svolge nel modo seguente.

  • Atteggiamento positivo: Tratta le distrazioni con gentilezza, compassione e un pizzico di umorismo, evitando autocritiche.
  • Ritorno alla pratica: Se necessario, torna brevemente a “fare” l’incommensurabile per poi ristabilire uno stato di “essere”.

La pratica prevede un’apertura graduale in tutte le direzioni:

  1. Inizia con la radiazione in una direzione (davanti).
  2. Prosegui con le altre tre direzioni laterali.
  3. Estendi l’apertura sopra e sotto, creando una sfera di radiazione illimitata.

Simbolo pratico: Una candela avvolta da un velo. Rimuovi delicatamente il velo, senza toccare la candela, per permettere alla luce di diffondersi naturalmente.

Incommensurabili e mindfulness

Gli Incommensurabili sono profondamente connessi alla mindfulness del corpo, che offre:

  • Un’esperienza incarnata: Essere consapevoli del corpo intero aiuta a radicare la pratica nella realtà fisica, favorendo una continuità dell’attenzione.
  • Apertura mentale: La mindfulness, come gli Incommensurabili, sviluppa una mente ricettiva e aperta, pronta a ricevere input senza farsi trascinare.

Nei testi antichi, la mindfulness del corpo è descritta come “illimitata”, evidenziando una somiglianza con le qualità degli Incommensurabili.

In un contesto moderno, dominato dal pensiero razionale e dalla dissociazione dalla realtà corporea:

  • Gli Incommensurabili offrono una via per ritornare a un’esperienza emotiva autentica e trasformativa.
  • Il radicamento corporeo nella pratica aiuta a evitare che le qualità sublimi restino a un livello puramente concettuale.

In conclusione, integrare gli Incommensurabili come dimore meditative significa coltivare un’apertura mentale senza confini, radicata nella presenza corporea. Questa pratica trasforma benevolenza, compassione, gioia compartecipe ed equanimità in stati di essere profondi, capaci di sostenere la meditazione e arricchire la vita quotidiana.

9.3 mindfulness non-duale

Nella seconda delle cinque esplorazioni sulle meditazioni buddhiste antiche, Anālayo (2024c) si focalizza sulle pratiche di consapevolezza non-duale, diffuse nelle tradizioni buddhiste himalayane e dell’Asia orientale. La consapevolezza non-duale si riferisce a uno stato di presenza che trascende la dualità soggetto-oggetto, comune alle esperienze ordinarie della mente umana, ed è caratterizzata dall’assenza di riflessioni concettuali, lasciando emergere solo la natura consapevole della mente.

Questa forma di meditazione si distingue dall’assorbimento meditativo, essendo più dinamica e richiedendo la simultanea manifestazione di tranquillità e intuizione. L’intuizione qui enfatizzata riguarda la vacuità, ossia la comprensione che nulla possiede un’esistenza intrinseca. Questa prospettiva si allinea alla letteratura della “Perfezione della Saggezza” e alla visione Yogācāra, dove tutto è visto come originato dalla mente e privo di indipendenza ontologica.

La pratica richiede un completo rilassamento nell’assenza di operazioni mentali e di punti di riferimento, pur mantenendo una piena presenza.

Meditazione senza segni (signlessness)

Nei testi buddhisti antichi, la meditazione senza segni (signlessness) si focalizza sul superamento della dualità soggetto-oggetto e dell’operare concettuale, attraverso la coltivazione della “non-attenzione” (amanasikāra). Questa pratica deve essere accompagnata da una comprensione diretta della vacuità e della natura costruita dell’esperienza, altrimenti rischia di trasformarsi in una semplice condizione di tranquillità mentale senza liberazione. Un esempio è il Discorso Minore sulla Vacuità, che descrive un’entrata graduale nella vacuità attraverso vari stadi di assenza.

Entrata graduale nella vacuità

Il percorso inizia notando ciò che è assente nell’ambiente, come il distacco dalla vita urbana in un monastero nella foresta, conducendo a una percezione simbolica di isolamento. Si prosegue percependo l’assenza di caratteristiche individuali nella materia, fino a uno stato in cui la mente diviene il proprio oggetto, dissolvendo la dualità soggetto-oggetto. Infine, si realizza la vacuità completa, culminando in uno stato senza segni, che precede il Nirvana.

Il ruolo degli Incommensurabili

Per affrontare le sfide della meditazione sulla vacuità, viene incoraggiata la coltivazione dei “Quattro Incommensurabili” (amorevole gentilezza, compassione, gioia empatica ed equanimità) come base. Questo garantisce stabilità emotiva e favorisce un equilibrio che previene derive come dissociazione o indifferenza. Queste qualità positive fungono da trampolino per la percezione dello spazio infinito, della coscienza infinita e della vacuità.

In conclusione, la pratica culmina con il completo abbandono di ogni attività concettuale, permettendo alla mente di raggiungere un livello di silenzio e consapevolezza senza coinvolgimento. Tuttavia, l’esperienza non implica una perdita di consapevolezza: la mindfulness rimane pienamente presente, ma libera da qualsiasi tentativo di comprendere o definire. Questo stato, se ben preparato, apre la strada alla realizzazione ultima del Nirvana.

9.4 I Fondamenti della Consapevolezza

Nella terza delle cinque esplorazioni sulla meditazione buddhista antica, Anālayo (2024d) si concentra sulle quattro “fondazioni della consapevolezza” (smṛtyupasthāna/satipaṭṭhāna) così come sono descritte nel Satipaṭṭhāna-sutta. Queste pratiche riguardano lo sviluppo della consapevolezza del corpo, dei toni affettivi (piacevoli, spiacevoli o neutri), degli stati mentali e dei dharma (insegnamenti del Buddha applicati alla pratica meditativa).

Contemplazione del Corpo

La contemplazione del corpo si basa su tre esercizi principali:

  1. Costituzione anatomica: I praticanti riflettono sulle parti del corpo (es. pelle, ossa, organi), valutandole come non intrinsecamente attraenti. Questo serve a ridurre il legame con la bellezza fisica e a sviluppare una visione più equilibrata del corpo.
  2. Elementi materiali: Il corpo è analizzato in termini di quattro elementi (terra, acqua, fuoco, vento), che rappresentano solidità, coesione, temperatura e movimento.
  3. Decadenza e mortalità: Si osservano immagini di corpi in decomposizione per riflettere sulla natura transitoria del corpo umano, affrontando con gentilezza il tema della mortalità.

Un metodo moderno, come lo “scanning del corpo”, pur non presente nel buddhismo antico, può facilitare la consapevolezza corporea e la continuità meditativa.

Contemplazione dei Toni Affettivi e degli Stati Mentali

  • Toni affettivi: I praticanti osservano le qualità edoniche delle esperienze (piacevoli, spiacevoli o neutre) senza reagire emotivamente.
  • Stati mentali: La pratica si focalizza sull’osservazione degli stati mentali sottostanti (es. rabbia, gioia), distinguendoli dal contenuto superficiale dei pensieri. Questo esercizio incoraggia una presenza consapevole stabile e non reattiva.

Contemplazione dei Dharma

Questa pratica si concentra su:

  • Ostacoli mentali: Desiderio sensuale, avversione, torpore, agitazione e dubbio, che ostacolano la meditazione e il pensiero chiaro.
  • Fattori del risveglio: Consapevolezza, indagine, energia, gioia, tranquillità, concentrazione ed equilibrio. Questi devono essere osservati, nutriti e bilanciati.

L’obiettivo è monitorare la presenza o l’assenza di ostacoli e fattori del risveglio, investigando le cause per favorire la progressione verso il risveglio spirituale.

Applicazioni e Benefici

Le quattro fondazioni della consapevolezza offrono un approccio integrato che unisce corpo, emozioni, mente e insegnamenti buddhisti. Questo metodo non solo guida verso la realizzazione del Nirvana ma può avere effetti pro-sociali, come lo sviluppo della consapevolezza delle condizioni degli altri, favorendo relazioni più empatiche.

9.5 La Consapevolezza con il Respiro

Nel suo quarto contributo, Anālayo (2024e) esplora le pratiche di meditazione buddhista antica, con un’attenzione particolare alla consapevolezza con il respiro, così come descritta nei discorsi antichi.

Consapevolezza “con” il respiro vs. “del” respiro

La consapevolezza del respiro si riferisce a un’attenzione concentrata esclusivamente sul respiro come oggetto isolato, mentre la consapevolezza con il respiro implica un’apertura più ampia, che include il respiro ma anche altri elementi dell’esperienza presente. I testi antichi sembrano favorire questa seconda modalità, sottolineando un’attenzione ricettiva piuttosto che una mera concentrazione.

Le 16 fasi della consapevolezza del respiro

Questa pratica procede attraverso quattro tetradi, ciascuna corrispondente a uno dei quattro ambiti della consapevolezza (il corpo, le sensazioni, la mente e gli oggetti mentali). Il percorso integra calma e visione profonda, portando gradualmente a una conoscenza liberatoria.

La prima tetrade riguarda il corpo e inizia con l’osservazione del respiro, distinguendo tra inspirazioni ed espirazioni lunghe o corte. Questo non implica un controllo intenzionale del respiro, ma un’osservazione naturale. Col progredire della calma, il respiro si accorcia e le pause tra un respiro e l’altro si allungano. A questa fase segue un ampliamento dell’attenzione, che si estende dal respiro all’intero corpo nella postura meditativa. Questa consapevolezza si conclude con il rilassamento delle attività corporee, rendendo il corpo più calmo e stabile.

La seconda tetrade esplora le sensazioni, iniziando con l’esperienza della gioia e della felicità durante il respiro. Questi stati mentali positivi, sebbene delicati, aiutano a stabilizzare l’attenzione, riducendo le distrazioni. Questo processo porta a un ulteriore rilassamento delle attività mentali.

Nella terza tetrade, l’attenzione si concentra sulla mente stessa. Si osserva il semplice stato di consapevolezza, distinto dalle attività mentali più articolate. Con il progressivo calmarsi di queste attività, diventa possibile sperimentare uno stato di liberazione mentale. Questa liberazione può essere interpretata come uno stato meditativo temporaneo o come un progresso verso una comprensione più profonda della natura impermanente e impersonale della mente.

La quarta tetrade si concentra principalmente sulla visione profonda. L’impermanenza diventa il tema centrale, portando alla consapevolezza del costante sorgere e svanire di ogni esperienza. Questo porta a un graduale distacco emotivo, fino alla realizzazione del “lasciar andare” più profondo, che culmina in una completa liberazione. La pratica può includere l’osservazione delle pause tra un respiro e l’altro, simbolo del cessare di un momento prima del sorgere del successivo, riflettendo il percorso verso il Nirvana.

Evoluzione testuale e difficoltà nella pratica

Nel tempo, le 16 fasi sono state spesso ridotte, enfatizzando solo la prima tetrade o addirittura i primi due passi. Ad esempio, alcuni testi usano la metafora del tornitore che distingue tra giri lunghi e corti, rappresentando solo i primi due passi della prima tetrade. Questa semplificazione può portare a una pratica troppo focalizzata su un punto specifico del respiro (ad esempio, il contatto del respiro con le narici), che rischia di causare distrazioni, noia o tensioni fisiche e mentali. Inoltre, una concentrazione eccessivamente rigida può portare a una visione “a tunnel” che riduce la capacità di mantenere una prospettiva aperta e ampia nella vita quotidiana.

Integrazione con i quattro ambiti della consapevolezza

Ogni tetrade corrisponde a uno dei quattro ambiti della consapevolezza. La prima tetrade sviluppa la consapevolezza del corpo, mentre le successive esplorano le sensazioni piacevoli, lo stato mentale e gli oggetti mentali. A differenza delle istruzioni più generali del Satipaṭṭhāna-sutta, che affrontano anche stati mentali difficili e dolorosi, le 16 fasi si concentrano su una progressione armoniosa di calma e visione profonda.

Raccomandazioni pratiche

È consigliabile attraversare una volta l’intero schema delle 16 fasi, adattando la velocità alle esigenze individuali. Dopo aver completato il ciclo, si può scegliere la tetrade più adatta al momento presente e soffermarsi sul suo passo finale, come il rilassamento delle attività corporee, mentali, o il “lasciar andare”. Se sorgono distrazioni, tornare a una delle tetradi offre alla mente un punto di ancoraggio fino a quando non sarà pronta per un’osservazione silenziosa e stabile.

In conclusione, le 16 fasi rappresentano un percorso meditativo completo e flessibile, che intreccia calma e visione profonda. Questa pratica, se affrontata con un approccio aperto e ricettivo, conduce a una maggiore chiarezza mentale e a una progressiva realizzazione della liberazione.

9.6 Dimensioni della mindfulness

Nell’ultimo dei cinque approfondimenti sul tema della meditazione nel primo Buddhismo, Anālayo (2024f) riassume ciò che le precedenti quattro analisi rivelano sulla mindfulness e le integra con prospettive tratte da altre pratiche correlate, descritte nei discorsi buddisti antichi. Anālayo (2024f) si concentra su una concezione della mindfulness, essendo ovviamente consapevole che ne esistono altre, sia in differenti tradizioni buddiste che nella psicologia cognitiva contemporanea. Ogni approccio ha il proprio valore e scopo; l’intento non è identificare una versione “corretta”, ma ampliare la prospettiva esplorando una valida alternativa.

La mindfulness come ampiezza della mente

La mindfulness, nel primo Buddhismo, è vista come un’apertura mentale che permette di restare non reattivi alle percezioni sensoriali, senza essere condizionati da attrazione o avversione. Un’immagine utile per comprenderla è quella di un pastore che osserva il gregge a distanza, rilassato, senza intervenire. Questo tipo di mindfulness, simile a un obiettivo grandangolare, non si limita a un singolo oggetto ma è ricettiva a qualsiasi esperienza. Questa qualità emerge anche nelle “quattro fondazioni della mindfulness”, che non sono semplicemente basi statiche, ma rappresentano un atteggiamento di presenza mentale in relazione agli oggetti che si manifestano.

Un’altra pratica associata è la meditazione sul respiro, descritta in sedici passi. Solo i primi due si concentrano direttamente sul respiro; gli altri esplorano esperienze corporee, emozionali e mentali, mostrando come la mindfulness non si limita a un oggetto fisso ma adotta un’osservazione flessibile e aperta.

La mindfulness e la sua funzione di monitoraggio

Un elemento centrale della mindfulness è la sua capacità di monitorare ciò che avviene nel presente, sia dentro di sé che nell’ambiente esterno, mantenendo una posizione ricettiva e non reattiva. Questa qualità è fondamentale in tutte le pratiche meditative esplorate, dalle fondazioni della mindfulness alla meditazione senza segni (signless meditation), che richiede un grado elevato di consapevolezza senza focalizzarsi su alcun oggetto specifico.

La funzione di monitoraggio della mindfulness si estende anche alla salute. Un esempio nei testi antichi riguarda un re in sovrappeso a cui il Buddha consiglia di coltivare la consapevolezza per moderare l’assunzione di cibo. Questo episodio illustra come la mindfulness possa avere applicazioni pratiche, anche nella promozione del benessere.

La “perla” della mindfulness

Un’acronimo proposto per riassumere le qualità della mindfulness è PEARL: Protective (protettiva), Embodied (radicata nel corpo), Attentive/Awake (attenta/sveglia), Receptive (ricettiva), Liberating (liberatoria).

  • Protettiva: La mindfulness crea uno spazio tra stimolo e reazione, permettendo una risposta saggia e consapevole.
  • Radicata nel corpo: La pratica della mindfulness corporea aiuta a radicarsi nel presente e a cogliere le emozioni attraverso i segnali somatici, spesso più affidabili dei pensieri.
  • Attenta e sveglia: All’inizio, la mindfulness incrementa la capacità di attenzione; con la pratica costante, porta a uno stato di maggiore presenza e risveglio.
  • Ricettiva: In un’epoca di iperattività e reattività, la mindfulness insegna ad accogliere ciò che è, anche quando scomodo o indesiderato.
  • Liberatoria: Anche se il fine ultimo è la liberazione spirituale, la mindfulness può offrire benefici più immediati, come la liberazione da abitudini nocive.

Come una perla che si forma attorno a un elemento irritante, la mindfulness trasforma le sfide in resilienza e bellezza interiore.

In conclusione, la mindfulness, nel primo Buddhismo, è un tema vasto e inesauribile. Il Buddha stesso affermava che si sarebbe potuto insegnare sulle quattro fondazioni della mindfulness per cent’anni senza esaurirne gli argomenti. Questa serie di analisi di Anālayo (2024f) rappresenta solo un’introduzione al tema, lasciando spazio ad ulteriori contributi che possano gettare nuova luce sulla ricca “perla” della mindfulness.

9.7 Il Vimalakīrti Sūtra

Allarghiamo ora il discorso, esaminando la meditazione nel contesto del buddismo Mahayana. Esamineremo brevemente un sutra molto famoso, il Vimalakīrti Sūtra, il quale offre una prospettiva inaspettata, dal nostro punto di vista, sulla pratica meditativa (Wright, 2021). Questo è un altro punto di vista sulla meditazione, tra i tanti che sono stati proposti (e.g., Anālayo, 2024a).

La Meditazione nel Vimalakīrti Sūtra

A differenza delle interpretazioni contemporanee che vedono la meditazione come un’attività isolata finalizzata al benessere personale, il Vimalakīrti Sūtra propone una visione dove la meditazione permea ogni aspetto della vita quotidiana e sociale.

Il protagonista del Sūtra, Vimalakīrti, incarna questa visione innovativa. Pur essendo un laico pienamente inserito nella società, raggiunge uno stato di illuminazione straordinario. La sua pratica meditativa non si manifesta attraverso il ritiro dal mondo, ma attraverso le sue azioni quotidiane e il suo impegno nella comunità. Questo approccio dimostra come la meditazione possa essere un mezzo per vivere con consapevolezza, compassione e saggezza, senza necessità di isolarsi dal mondo.

I Fondamenti della Pratica

Nel Vimalakīrti Sūtra, la meditazione viene presentata come un processo di trasformazione che opera su due livelli complementari: śamatha (lo sviluppo di una mente stabile e focalizzata) e vipaśyanā (l’acquisizione di una visione penetrante della realtà). Questi due approcci non sono fini a se stessi, ma strumenti per trasformare il praticante e le sue interazioni con il mondo.

La pratica fondamentale proposta è la consapevolezza del respiro, considerata il punto di partenza ottimale per sviluppare la concentrazione. Attraverso questa pratica, il meditante diventa consapevole non solo del respiro, ma anche di ogni movimento del corpo, delle sensazioni fisiche, delle percezioni e dei pensieri. Con il progredire della pratica, si sviluppa un legame sempre più saldo tra il respiro e la consapevolezza mentale, conducendo a uno stato di aumentata presenza e chiarezza.

L’Integrazione nella Vita Quotidiana

Il Sūtra enfatizza che la vera sfida della meditazione non sta nella capacità di mantenere la concentrazione durante una sessione formale, ma nel trasferire questa consapevolezza nella vita di tutti i giorni. Vimalakīrti dimostra questa capacità mantenendo uno stato di profonda consapevolezza mentre si impegna nelle attività più diverse: negli affari, nelle relazioni familiari, nel servizio pubblico e persino in ambienti considerati “mondani” come bar e casinò.

La parola chiave utilizzata nel Sūtra per descrivere la meditazione è bhāvanā, che significa “sviluppare”, “coltivare” o “portare ad essere”. Questo termine suggerisce che ogni esperienza, ogni incontro, ogni sfida può diventare un’opportunità per la pratica meditativa. Non si tratta quindi di un esercizio specializzato da svolgere in isolamento, ma di una condizione della mente, della parola e del corpo in cui si può costantemente dimorare.

La Trasformazione attraverso l’Insight

Il Vimalakīrti Sūtra presenta la meditazione di insight come un processo che opera su tre livelli progressivi di consapevolezza:

  • Il primo livello riguarda la consapevolezza del mondo esterno: l’attenzione ai dettagli dell’ambiente circostante, ai suoni, alle immagini e ai movimenti.
  • Il secondo livello si focalizza sui processi mentali interni: l’osservazione dei pensieri, delle emozioni e delle motivazioni che sorgono in risposta agli stimoli ambientali.
  • Il terzo livello integra gli insegnamenti del Dharma nella vita quotidiana: la capacità di richiamare e applicare gli insegnamenti buddhisti nelle situazioni concrete della vita, trasformando valori, principi e aspirazioni.

L’Equanimità Attiva

Un aspetto cruciale dell’insegnamento del Sūtra riguarda l’equanimità, che non viene presentata come accettazione passiva della sofferenza, ma come una forza attiva che permette di affrontare le difficoltà con chiarezza e determinazione. Vimalakīrti dimostra un profondo coinvolgimento nella sua società pur mantenendo un distacco interiore che gli permette di agire efficacemente senza essere sopraffatto dalle circostanze.

Questo equilibrio tra impegno e distacco rappresenta una delle lezioni più preziose del Sūtra. Non si tratta né di una resa passiva né di un’agitazione frenetica, ma di una capacità di rispondere alle sfide della vita con flessibilità e resilienza, mantenendo sempre presente l’aspirazione al risveglio e al beneficio di tutti gli esseri.

In conclusione, il Vimalakīrti Sūtra offre una visione della meditazione che trascende l’approccio contemporaneo della mindfulness secolarizzata. La meditazione viene presentata non come una tecnica di rilassamento o di gestione dello stress, ma come un percorso completo di trasformazione personale che integra saggezza, compassione e azione skillful nella vita quotidiana.

L’esempio di Vimalakīrti ci mostra che la vera pratica meditativa non consiste nel ritirarsi dal mondo, ma nell’imparare a viverci pienamente, mantenendo una mente chiara e compassionevole anche nelle situazioni più complesse. Questo approccio richiede un impegno costante nel coltivare la consapevolezza e nel trasformare le nostre risposte abituali in azioni consapevoli e benefiche.

La disciplina interiore che emerge da questa pratica non è fine a se stessa, ma serve come base per un’azione efficace nel mondo. Il Sūtra ci insegna che la meditazione, lungi dall’essere una fuga dalla realtà, è uno strumento potente per viverla più pienamente e contribuire positivamente al benessere di tutti gli esseri.

Bibliografia

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