12 La Meditazione sugli Incommensurabili
12.1 Gli Incommensurabili come Via di Trasformazione
Nel Buddhismo delle origini, la coltivazione dei Quattro Incommensurabili (brahmavihāra) – mettā (benevolenza amorevole), karuṇā (compassione), muditā (gioia compartecipe) e upekkhā (equanimità) – non si riduce a tecniche di visualizzazione o ripetizione di formule. Essa si fonda su un processo di “radiazione mentale illimitata” (appamāṇa-citta), in cui la mente, anziché dirigersi verso oggetti specifici, si apre spontaneamente a qualità affettive universali che si diffondono in tutte le direzioni, come descritto nei Sutta del Majjhima e del Dīgha Nikāya.
Questa pratica non-oggettuale mira a dissolvere ogni parzialità, coltivando stati mentali che non dipendono da chi sia l’oggetto della benevolenza o della compassione. Il praticante non “immagina” queste qualità, ma le incarna direttamente, lasciandole emergere come stati mentali vasti, non condizionati e profondamente trasformativi.
Tra gli Incommensurabili, karuṇā occupa una posizione centrale. È il cuore pulsante della via contemplativa, poiché permette di avvicinarsi alla sofferenza senza essere trascinati dall’identificazione o respinti dall’indifferenza. A differenza di una semplice reazione emotiva, karuṇā è una modalità profonda della mente, un atteggiamento che riflette la maturazione interiore del praticante. È da questa base che si sviluppa una compassione universale, capace di sostenere la visione della vacuità e di guidare l’agire etico.
12.2 La Tecnica della Radiazione Illimitata
Una Pratica Non-Oggettuale
A differenza di molte pratiche moderne, che propongono di evocare persone o recitare intenzioni verbali, la meditazione originaria sugli Incommensurabili si basa sull’assenza di oggetti. Per esempio, nel coltivare mettā, non si visualizzano volti né si pronunciano formule come “che tu possa essere felice”, ma si lascia che una disposizione di benevolenza emerga e si irradi senza direzione preferenziale:
- davanti – verso ciò che è percepibile e conosciuto;
- ai lati – abbracciando l’intero campo spaziale orizzontale;
- sopra e sotto – completando una sfera di apertura illimitata.
Il praticante, come suggerisce Analayo, non “fa” l’Incommensurabile, ma “è” l’Incommensurabile: una condizione mentale stabile, vasta e impersonale, paragonabile a una candela liberata da un velo, la cui luce si diffonde naturalmente senza sforzo (Anālayo, 2015).
Karuṇā come Presenza Illimitata
In questo contesto, karuṇā non è la risposta a una sofferenza individuale, ma una disposizione continua della mente che ha dissolto ogni confine tra sé e altro. È una compassione che non “si prova per qualcuno”, ma che “si è”: una qualità della coscienza che abbraccia ogni essere senziente, priva di selettività e condizionamento.
Ciò distingue radicalmente la karuṇā buddhista dalle forme moderne di self-compassion, spesso centrate sul sé individuale. Queste pratiche, pur valide nel contesto psicoterapeutico, rischiano di ridurre la compassione a un meccanismo di autogestione emotiva. La karuṇā degli Incommensurabili, invece, si nutre di non-attaccamento e apertura, offrendo un antidoto tanto alla fusione emotiva quanto all’alienazione affettiva.
Nel Mahāyāna, questa visione si espande ulteriormente: mahākaruṇā, la “grande compassione”, è inseparabile dalla prajñā, la saggezza che realizza la vacuità (śūnyatā). È proprio grazie a questa comprensione della non-dualità che la compassione può diventare davvero universale, non soggetta a preferenze o identificazioni egoiche.
12.3 I Benefici della Radiazione Illimitata
La pratica della radiazione mentale illimitata presenta benefici specifici che riflettono la sua profondità meditativa:
- Riduce la proliferazione concettuale: evitando riferimenti concreti, libera la mente da associazioni, ricordi e narrative personali.
- Stabilizza la risposta affettiva: karuṇā si sviluppa come qualità equanime, prevenendo reazioni emotive eccessive o freddezza emotiva.
- Favorisce l’incarnazione dell’esperienza: ancorata al respiro e al corpo, la pratica integra mente e sensazioni, evitando che la compassione resti a un livello puramente intellettuale.
12.4 Collegamenti con la Mindfulness del Corpo
Nel Satipaṭṭhāna Sutta, anche la consapevolezza del corpo (kāyānupassanā) è descritta come illimitata. Questa apertura spaziale, presente sia nella mindfulness che negli Incommensurabili, crea un ponte tra esperienza incarnata e disponibilità affettiva.
Due elementi risultano centrali:
- radicamento corporeo: la consapevolezza del corpo protegge karuṇā dalla deriva astratta o idealistica;
- apertura mentale: l’attenzione non reattiva permette alla compassione di fluire senza essere ostacolata da giudizi o automatismi.
In una cultura spesso dissociata dal corpo, questa integrazione è fondamentale per evitare che la compassione diventi un concetto anziché una realtà vissuta.
12.5 Karuṇā tra Costruzione e Decostruzione
Come osserva McMahan, le pratiche buddhiste oscillano tra la costruzione di qualità virtuose e la decostruzione dei costrutti mentali (McMahan, 2023). La meditazione su karuṇā esemplifica questa doppia dinamica:
- costruzione: si coltiva sistematicamente una mente compassionevole;
- decostruzione: la pratica dissolve l’idea di un sé che agisce compassionevolmente, lasciando emergere la compassione come qualità intrinseca della mente libera.
In questo senso, karuṇā non è solo un’emozione coltivata, ma una modalità ontologica di relazione con il mondo.
12.6 Compassione Universale e Non-Dualità
Superare la Dualità Soggetto-Oggetto
Nel Mahāyāna, la mahākaruṇā è possibile solo grazie alla saggezza (prajñā) che realizza la vacuità. Garfield evidenzia che la compassione perfetta è tale solo quando viene purificata dalla dualità soggetto-oggetto (Garfield, 2022). Non c’è più un “io” che prova compassione per un “altro”, ma un fluire di cura ininterrotta che sorge da una mente non-duale.
Anche nel Buddhismo antico, la meditazione “senza segni” (animitta bhāvanā) riflette questa direzione: attraverso la sospensione dell’attenzione concettuale (amanasikāra), il praticante abbandona le distinzioni mentali che costruiscono l’illusione della separazione.
Il Cūḷasuññatā Sutta descrive questa progressione:
- riconoscimento dell’impermanenza della forma – la materia non ha essenza propria;
- dissoluzione del soggetto – la mente osserva se stessa;
- accesso alla vacuità piena – si entra in uno stato privo di riferimenti concettuali, precursore del nibbāna.
Karuṇā come Veicolo della Non-Dualità
In questo percorso, karuṇā funge da stabilizzatore. Previene due estremi: la dissociazione fredda che può derivare dalla sola vacuità, e l’identificazione affettiva che genera sofferenza. Coltivata nella sua forma illimitata, karuṇā agisce come ponte tra mente e realtà, tra presenza affettiva e intuizione profonda.
Non è dunque una semplice emozione morale, ma una forza trasformatrice che guida la coscienza verso la liberazione. In ultima analisi, mahākaruṇā è la compassione della mente risvegliata: senza oggetto, senza sforzo, senza separazione.
12.7 Riflessioni Contemporanee
Secolarizzazione e Riformulazione
Le pratiche buddhiste, nel loro adattamento moderno, tendono spesso a decontestualizzare la karuṇā, trasformandola in uno strumento di auto-regolazione. McMahan sottolinea che questa trasformazione è il frutto di una selezione culturale, che privilegia ciò che si adatta ai bisogni psicologici del presente (McMahan, 2023). Ma così si rischia di perdere il legame tra compassione e saggezza, tra empatia e non-sé.
Il Vimalakīrti Sūtra: Compassione nel Mondo
Il Vimalakīrti Sūtra offre una visione alternativa: Vimalakīrti, laico illuminato, incarna la compassione nel cuore della vita quotidiana. La sua mahākaruṇā non richiede isolamento ascetico, ma si manifesta nel mondo, dove la saggezza della vacuità rivela che nirvana e saṃsāra sono due aspetti di una stessa realtà.
12.8 Considerazioni Finali
Karunā non è solo una virtù etica, ma una condizione necessaria per il risveglio. Nel Satipaṭṭhāna Sutta, la coltivazione di stati mentali puri conduce a una comprensione profonda dell’impermanenza (anitya), del non-sé (anātman) e della sofferenza (dukkha). Karunā, integrata con la visione della vacuità, dissolve l’illusione dell’io e apre alla compassione universale.
Nel Mahāyāna, gli Incommensurabili offrono una base affettiva stabile per affrontare la meditazione sulla vacuità. L’equanimità non è distacco freddo, ma apertura inclusiva che permette alla karuṇā di agire nel mondo con saggezza e determinazione.
La meditazione sugli Incommensurabili rappresenta una delle vie più profonde e complete per integrare trasformazione interiore, consapevolezza corporea e comprensione filosofica. In essa, karuṇā si rivela non solo come qualità psicologica, ma come principio guida della liberazione. Recuperare il suo significato originario significa restituire alla pratica meditativa la sua dimensione più radicale: quella di una compassione senza limiti, fondata sulla vacuità e sull’interdipendenza di tutti gli esseri.